È un’età di crisi che viene vissuta come una fase di passaggio da superare il prima possibile.
Richiederebbe invece un tempo di attesa per accompagnare una delle trasformazioni più grandi dell’umano.
È una sfida, questo è fuori discussione, che richiede di mettere mano a forze sopite dentro noi adulti specialmente se non abbiamo vissuto nella nostra preadolescenza l’ascolto consapevole del mondo attorno a noi. I cambiamenti sono tantissimi e coinvolgono il corpo, il mondo delle emozioni, le relazioni, la ricerca di autonomia nel movimento e nel pensare. Per cogliere la bellezza delle luci e ombre di questa età è importante conoscerla aprendo lo sguardo per scoprire nuove strade. |
Cosa succede in questi tre anni di preadolescenza?
Se la nostra preadolescenza non ha potuto manifestarsi nella sana tensione del bianco e nero assoluti, per poi risolversi nel potenziale creativo della sfumatura, trovare in noi oggi la disponibilità a farlo per accompagnare i ragazzi può essere un valore aggiunto per tutti. Possiamo non esser stati visti e riconosciuti, ma la Vita ci porta sempre incontro la possibilità di elaborare delle fasi che non si sono potute vivere al meglio.
“Reagire significa andare dietro al problema. Agire presuppone la conoscenza del bambino.” H. Köhler |
Quindi il primo passo è quello di accettare la crisi e viverla attivamente con loro.
Il fine è quello di sostenere i ragazzi nell’incontro con il loro Essere in via di manifestazione.
H. Köhler diceva che devono trasformare la pelle e, indubbiamente, nel corpo noteremo la prima grande rivoluzione. Se però, come è per molti, il corpo non era già prima uno spazio accogliente vivranno tutto questo (crescita degli arti, il viso che si modifica e appaiono tratti caratteristici di naso e mascella, la goffaggine nei movimenti, il cambio della voce ecc… il tutto distribuito nell’arco di questi tre anni di scuola) con intensità e forse una maggiore difficoltà a livello di elaborazione e accettazione.
Questo tema del corpo oggi è una grande fatica per molti ed è da osservare attentamente per poterli sostenere.
Il fine è quello di sostenere i ragazzi nell’incontro con il loro Essere in via di manifestazione.
H. Köhler diceva che devono trasformare la pelle e, indubbiamente, nel corpo noteremo la prima grande rivoluzione. Se però, come è per molti, il corpo non era già prima uno spazio accogliente vivranno tutto questo (crescita degli arti, il viso che si modifica e appaiono tratti caratteristici di naso e mascella, la goffaggine nei movimenti, il cambio della voce ecc… il tutto distribuito nell’arco di questi tre anni di scuola) con intensità e forse una maggiore difficoltà a livello di elaborazione e accettazione.
Questo tema del corpo oggi è una grande fatica per molti ed è da osservare attentamente per poterli sostenere.
Così come il corpo si trasforma anche la vita in famiglia necessita di adattarsi alla loro ricerca
E questo significa iniziare a creare una distanza sempre maggiore con i genitori. La sfida è dare lo spazio, in sicurezza, salvando la relazione che viene messa a dura prova.
Cercano sempre di più una loro autonomia e vogliono fare esperienze in tal senso.
Non può più essere l’adulto a dire loro come funziona il mondo, ci vogliono arrivare da soli. Questo allontanarsi e distinguersi dai genitori si delinea sempre di più in un crescendo di contrasti e opposizioni. Con azioni, parole, pensiero critico. Così se l’adulto dirà bianco per loro sarà nero. Questo opporsi, contrastare, criticare è il loro modo per affermarsi.
Così come i ragazzi oscillano tra estremi anche i genitori dovranno imparare a oscillare tra il non sentirsi offesi o irritati e il mantenere un contatto di calore con loro. Obiettivo è salvare la relazione in un crescendo di autonomia.
Cercano sempre di più una loro autonomia e vogliono fare esperienze in tal senso.
Non può più essere l’adulto a dire loro come funziona il mondo, ci vogliono arrivare da soli. Questo allontanarsi e distinguersi dai genitori si delinea sempre di più in un crescendo di contrasti e opposizioni. Con azioni, parole, pensiero critico. Così se l’adulto dirà bianco per loro sarà nero. Questo opporsi, contrastare, criticare è il loro modo per affermarsi.
Così come i ragazzi oscillano tra estremi anche i genitori dovranno imparare a oscillare tra il non sentirsi offesi o irritati e il mantenere un contatto di calore con loro. Obiettivo è salvare la relazione in un crescendo di autonomia.
Anche i loro sentimenti iniziano a vivere un’epoca di grandi ombre e luci e quindi di contrasti.
Cresce la loro sensibilità a livello emotivo e questo crea sofferenza che può sfociare in stati d’ansia, perché tutto viene vissuto in modo assoluto, senza vie di mezzo.
Nel cercare una sempre maggiore indipendenza, volendo conoscere il mondo, sono però anche alla ricerca di solitudine per poter riflettere su quanto stanno vivendo.
Molto concentrati su loro stessi, introspettivi e ricercatori in esterno.
Si vivono dentro una dinamicità nuova tra esterno e interno che li tiene in uno stato di forte tensione tra estremi: ancora luci e ombre e apparenti contraddizioni.
Si sentono e vivono indifesi, disorientati. Si spostano tra estremi di libertà, autonomia, rottura con il passato e vecchi modelli e ricerca del nuovo nel mondo, nuove esperienze, perdendo i limiti.
Possono così cadere nell’eccesso di limiti come nella loro assenza, nell’isolarsi come nel perdersi, ma solo oscillando tra questi estremi possono sperimentare e ritrovarsi veramente nuovi. Devono mettersi alla prova e noi con loro.
Nella solitudine stare al loro fianco senza invadere. Esserci lasciando uno spazio.
La consapevolezza di cosa a loro serva vi aiuterà a prendere le giuste misure.
Nel cercare una sempre maggiore indipendenza, volendo conoscere il mondo, sono però anche alla ricerca di solitudine per poter riflettere su quanto stanno vivendo.
Molto concentrati su loro stessi, introspettivi e ricercatori in esterno.
Si vivono dentro una dinamicità nuova tra esterno e interno che li tiene in uno stato di forte tensione tra estremi: ancora luci e ombre e apparenti contraddizioni.
Si sentono e vivono indifesi, disorientati. Si spostano tra estremi di libertà, autonomia, rottura con il passato e vecchi modelli e ricerca del nuovo nel mondo, nuove esperienze, perdendo i limiti.
Possono così cadere nell’eccesso di limiti come nella loro assenza, nell’isolarsi come nel perdersi, ma solo oscillando tra questi estremi possono sperimentare e ritrovarsi veramente nuovi. Devono mettersi alla prova e noi con loro.
Nella solitudine stare al loro fianco senza invadere. Esserci lasciando uno spazio.
La consapevolezza di cosa a loro serva vi aiuterà a prendere le giuste misure.
Riusciamo a stare in questo loro oscillare disorientante?
Lo abbiamo vissuto e risolto nella nostra preadolescenza?
Le neuroscienze in merito alla maturazione del cervello possono farci comprendere meglio i meccanismi tipici di questa fase della loro vita creando delle ricadute positive sullo stile educativo per affiancarli senza perderci troppo.
Il loro essere così volubili, con un’emotività a sbalzi continui dipende dallo sviluppo del cervello. Si chiariscono così i comportamenti tipici dell’età come l’impulsività e la difficoltà a regolare le emozioni che dipendono da questa maturazione ancora in atto.
Le influenze cognitive che dovrebbero portare alla capacità di ponderare questi impulsi in un adulto avvengono velocemente mentre nel cervello del preadolescente sono lente e devono ancora essere allenate. In questa fase subisce lo stress dello stimolo-risposta che avverrà con l’integrazione della parte emotiva con quello cognitiva.
“Prima di parlare conta fino a 10!” ve lo dicevano?
Aiutarli a coltivare una pausa tra il fare e l’agire è un ottimo esercizio per accompagnare la maturazione del cervello che al momento si trova immerso in una tensione tra la parte emotiva, impulsiva, avventata e quella cognitiva.
Ci appare quindi chiaro come nel preadolescente, se pur definito in ogni sua parte, il cervello deve ancora maturare e quindi agisce inevitabilmente in modo diverso da quello di un adulto. Sembra un limite, ma è un enorme potenziale.
La sua malleabilità e sensibilità agli stimoli esterni del mondo ci parla di una grande plasticità. Nei fatti questo significa avere la responsabilità della qualità degli stimoli che daremo al cervello per strutturare le reti neuronali modificando quelle esistenti.
Una grande possibilità e un rischio allo stesso tempo.
Anche qui ricorre una polarità di luci e ombre.
Il loro essere così volubili, con un’emotività a sbalzi continui dipende dallo sviluppo del cervello. Si chiariscono così i comportamenti tipici dell’età come l’impulsività e la difficoltà a regolare le emozioni che dipendono da questa maturazione ancora in atto.
Le influenze cognitive che dovrebbero portare alla capacità di ponderare questi impulsi in un adulto avvengono velocemente mentre nel cervello del preadolescente sono lente e devono ancora essere allenate. In questa fase subisce lo stress dello stimolo-risposta che avverrà con l’integrazione della parte emotiva con quello cognitiva.
“Prima di parlare conta fino a 10!” ve lo dicevano?
Aiutarli a coltivare una pausa tra il fare e l’agire è un ottimo esercizio per accompagnare la maturazione del cervello che al momento si trova immerso in una tensione tra la parte emotiva, impulsiva, avventata e quella cognitiva.
Ci appare quindi chiaro come nel preadolescente, se pur definito in ogni sua parte, il cervello deve ancora maturare e quindi agisce inevitabilmente in modo diverso da quello di un adulto. Sembra un limite, ma è un enorme potenziale.
La sua malleabilità e sensibilità agli stimoli esterni del mondo ci parla di una grande plasticità. Nei fatti questo significa avere la responsabilità della qualità degli stimoli che daremo al cervello per strutturare le reti neuronali modificando quelle esistenti.
Una grande possibilità e un rischio allo stesso tempo.
Anche qui ricorre una polarità di luci e ombre.
La domanda silenziosa che hanno nel cuore è: di cosa sono capace? Sono capace di modificare il mondo, entrandoci?
La necessità è di percepire: CREO quindi SONO. È una domanda che si può accompagnare a tormenti e paure di fallimento. Possono arrivare a livelli di blocco con “non ci riesco” o “non sono capace”. Molto importante è dare loro la possibilità di svolgere attività creative e manuali che abbiano un nesso con questa fase evolutiva. Non dovrebbero essere spinti a fare, ma affiancati con gesto incoraggiante e mai sostitutivo delle loro mani perché sarebbe come confermare le loro paure di non farcela |
Hennig Köhler a lezione ci raccontò di aver incontrato molti adulti che continuavano a combattere con queste paure. Erano dei giganti della creatività, ma ancora non ne avevano preso consapevolezza! In questa fragilità c’è però una grande possibilità ed essendo una soglia che costantemente devono impegnarsi a superare fà loro sviluppare delle forze straordinarie.
A queste persone, portando la sua stessa esperienza di vita, diceva: quello che continui a vivere come fragilità è il compito della tua vita!
Henning visse la difficoltà a inserirsi nel sociale e trasformò questa sua debolezza nel compito della sua vita. E in questo fu maestro.
Questo è solo un esempio che ci fa comprendere l’importanza e il senso di offrire loro la possibilità di creare.
Come può l’Arte accompagnare evolutivamente la crisi?
L’arte se sintonizzata antropologicamente su tutti questi passaggi è in ogni fase della vita uno strumento utilissimo per accompagnare le trasformazioni in atto.
È una modalità concreta, ma leggera anche se necessita di un certo impegno. Una sfida.
Sperimentano in esterno quanto vivono interiormente imparando a mitigare gli estremi e creando il bello con le mani. Aumenta la sicurezza interiore e l’autostima.
Iniziano a cogliere lo sforzo e il risultato anche di quanto creato dai compagni nel gruppo aprendosi alla bellezza che risuona nel diverso.
Non servono parole o insegnamenti, lo vivono interiormente e questo basta.
È una modalità concreta, ma leggera anche se necessita di un certo impegno. Una sfida.
Sperimentano in esterno quanto vivono interiormente imparando a mitigare gli estremi e creando il bello con le mani. Aumenta la sicurezza interiore e l’autostima.
Iniziano a cogliere lo sforzo e il risultato anche di quanto creato dai compagni nel gruppo aprendosi alla bellezza che risuona nel diverso.
Non servono parole o insegnamenti, lo vivono interiormente e questo basta.
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